TROPONINA
L’infarto acuto del miocardio (AMI) viene diagnosticato generalmente sulla base del dolore al petto, di cambiamenti  nell’elettrocardiogramma e di un aumento dei marcatori del danno miocardico.
L’isoenzima MB della Creatin Chinasi (CK-MB) è stato il marcatore di elezione per due decenni.
Uno studio condotto da Wu, et al. ha trovato un’eccellente sensibilità clinica del dosaggio CK-MB tra 6 e 24 ore dopo l’inizio dell’AMI, con una sensibilità minore a partire dalle 24–48 ore ed in pazienti con malattie muscolari acute o croniche senza apparente danno cardiaco.
Nello stesso studio, la mioglobina, una proteina muscolare considerata un marcatore precoce dell’AMI, ha presentato valori elevati nelle 6 ore dopo l’inizio dell’infarto ed ha raggiunto il picco massimo di sensibilità nell’intervallo 6–12 ore dopo l’inizio, non presentando però nessun valore diagnostico 24 ore dopo l’inizio.
Benché sia importante per le informazioni iniziali che fornisce, la mioglobina manca della specificità per il danno cardiaco.
Per questo motivo un marcatore specifico per il danno miocardiaco è di grande utilità. Cummins, et al. ha registrato il rilascio della Troponina I cardiaca (cTnI) nell’AMI.
Molti studi si sono concentrati sulla cTnI quale marcatore di interesse che presenta una sensibilità e specificità accettabili per l’AMI ed altre malattie cardiache.
La Troponina, una molecola che si lega al filamento sottile (l’actina) dei muscoli striati, agisce con il calcio intracellulare per controllare l’interazione del filamento sottile con il filamento largo (la miosina), regolando in questo modo la contrazione dei muscoli.
La Troponina è composta da tre sottounità: T, che collega il complesso della Troponina e la Tropomiosina (un’altra proteina regolatrice dei muscoli cardiaci); I, che blocca la contrazione dei muscoli in assenza di calcio; e C, che lega il calcio.
La Troponina I cardiaca (peso molecolare 22,5 kDa) e le due isoforme scheletriche muscolari della Troponina I presentano una considerevole omologia nella sequenza degli aminoacidi, ma la cTnI contiene una sequenza N-terminale aggiuntiva  ed è molto specifica per il miocardio.
Studi clinici evidenziano alcune caratteristiche auspicabili della cTnI quale marcatore del danno miocardico.
La cTnI aumenta presto nei pazienti colpiti da infarto e raggiunge livelli lontani dai valori di base, in modo che 7 ore dopo l’inizio, il dosaggio del cTnI rileva il 95% dei pazienti nei quali sarà confermata la presenza dell’infarto 9 I valori plasmatici della cTnI rimangono elevati per alcuni giorni, fornendo una finestra lunga per la rilevazione del danno cardiaco.
La cTnI offre anche un valore comprovato per la previsione del rischio di mortalità nell’angina instabile e nell’infarto miocardico senza onda Q.
La cTnI ha dimostrato un’accuratezza diagnostica equivalente per l’AMI quando viene paragonata alla lattato deidrogenasi di tipo 1 ed alla CK-MB, e può chiarire la diagnosi in contesti in cui la CK-MB elevata non può essere attribuita con certezza solamente al danno cardiaco.
Questi casi includono interventi chirurgici, traumi, insufficienza renale, crisi, e miopatie scheletro-muscolari.
Inoltre, uno studio condotto in pazienti sottoposti ad innesto di bypass alle coronarie (CABG) ha dimostrato che il cTnI è un marcatore sensibile per l’infarto miocardiaco perioperativo (PMI); la concentrazione massima e l’ora in cui viene raggiunta servono quali criteri di diagnosi.